Si tende a considerare il talento innato, una capacità che fa parte di noi. Ma cos’è davvero? Daimon, creatività, istinto? Come identificare i suoi aspetti per scoprirlo?
Quando ci si chiede cos’è il talento, si è portati a definirlo come una capacità innata, naturale, qualcosa che siamo capaci di fare senza sforzo. Ma questo non significa sapere con naturalezza riconoscere quale sia davvero il nostro talento, e soprattutto in che modo metterlo a frutto
Scoprire il talento innato: la teoria della ghianda
Lo psicanalista James Hilman spiega il concetto di talento innato attraverso l’esempio delle ghiande. Un seme di quercia, infatti, potrà far germogliare soltanto questa, non un albero di tipo diverso. Anche le querce non sono tutte uguali, naturalmente, ma si tratta pur sempre di querce. Così, un talento innato nascosto dentro di noi, anche se non ce ne rendiamo conto, non potrà che far sviluppare quello specifico talento, non un altro. Secondo Hilman quindi il talento non è condizionato dal contesto e dall’ambiente, ma soltanto, appunto, da una condizione innata. Sostiene lo psicanalista e filosofo: “Chi non ha mai avuto, almeno una volta nella vita, una sorta di illuminazione che ci ha condotto dove siamo. Questo qualcosa ci ha colpiti come un fulmine. Dopo la ‘fulminazione’ avevamo chiaro in mente ciò che dovevamo fare e lo abbiamo fatto. Improvvisamente abbiamo avuto una maggiore coscienza di noi.”
Talento innato, vocazione o daimon
Sempre Hilman riconduce questo aspetto a quello di vocazione, una “chiamata” intima e personale a essere e diventare qualcosa. In potenza, però, perchè la propria vocazione può anche non vedersi mai realizzata, può venir dimenticato o non essere ciò che ci rende davvero felice. Oltre a quello di vocazione, per descrivere il talento innato usa anche il nome di daimon, una sorta di spiritello amico che può emergere in momenti del tutto sorprendenti. Lo psicanalista evoca l’esempio, come riporta Eticamente.net, l’esempio del filosofo R. G. Collingwood, e del suo incontro con un libro in particolare, il quale gli aveva fatto provare “l’emozione più strana di tutte: la certezza che il contenuto di quel libro, anche se non lo capivo, fosse non so come affar mio, una cosa che mi riguardava personalmente, o meglio, che riguardava un me stesso futuro … Non c’entrava però il desiderio; non è che ”volessi”, nel senso comune del termine, padroneggiare […] ma era come se si fosse alzato un velo a rivelare il mio destino. Poi, gradualmente, mi sentii come se mi fosse stato addossato il peso di un compito”.
Come scoprire il talento innato
La formatrice Stefania Fierli, nel suo libro Scopri i tuoi talenti (FrancoAngeli), rievoca l’esempio di Hilman per offrire ai suoi lettori qualche strumento per scoprire il proprio talento innato. Uno degli esercizi che l’autrice suggerisce, ad esempio, è proprio quello della ghianda: “scrivi o disegna all’interno e intorno della sagoma di una ghianda tutte le cose che ami fare, quali argomenti ti incuriosiscono, su cosa punti l’attenzione mentre parli, cammini o viaggi, cosa pensi di saper fare, cosa gli altri ti dicono che sai fare, concentrandoti soprattutto sulle piccole cose”. Un esercizio consimile è poi quello della mongolfiera. L’autrice lo descrive così: immaginati in volo a bordo di una mongolfiera sopra ai tuoi sogni più utopistici, scrivi o disegna tutto ciò che vedi, bevendo la tua bevanda preferita.” Una volta identificati questi elementi, sarà necessario prendersi alcuni giorni di riflessione per ascoltare dentro di sè quale seme sia – o possa essere – pronto a fiorire. Non esiste altro modo per scoprire davvero il proprio talento innato, non esistono strumenti sicuri se non essere attenti al proprio intimo, che spesso – quasi sempre – non corrisponde a quel che gli altri si aspettano da lui.
Talento innato e creatività
Giustino Lavecchia, ad esempio, identifica il talento innato come “nient’altro che la creatività legata alla capacità della passione”. Bisogna quindi dar spazio alla propria creatività, per dar spazio al proprio talento. La prima cosa da fare è allontanarsi dalle aspettative altrui, dalle imposizioni, dal normale istinto all’imitazione del talento altrui. Solo trovando se stessi si può essere davvero creativi, e lasciar spazio ai propri sinceri convincimenti. Questa ricerca di sè conduce chi la sperimenta a una gioia, a una luminosità dell’animo, che emerge con naturalezza quando si sta facendo qualcosa che sentiamo veramente vicino a sè. Ed è proprio questo aspetto che identifica il talento. Un autentico talento, come abbiamo già avuto modo di dire, è in genere la cosa che, quando la facciamo, ci fa sentire di star svolgendo un compito a cui siamo stati chiamati.
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