Se si pensa al talento si pensa alla dote naturale. Ma quando si parla di talento e sport la vera parola chiave è l’allenamento e le caratteristiche necessarie
Quando si mette al centro di una riflessione sul talento il binomio tra talento e sport, più facilmente viene alla mente l’immagine del talento naturale. Quello sportivo è esattamente il contesto in cui si colloca il piccolo campione, che fin dalla più giovane età dimostra di essere stato baciato dalla sorte e di poter primeggiare. Proprio questo contesto, però, diventa necessario smontare il primo luogo comune sul talento: la dimensione della natura. Talento non significa necessariamente dote naturale. O comunque, non soltanto. Riconoscere una predisposizione fin dalla più tenera età è soltanto il primo passo.
Talento e sport, davvero è naturale?
Perchè il primo passo? La risposta la dà, come riferisce Mentesport, lo psicologo e psicoterapeuta Erik Erikson: secondo la sua esperienza, l’idea di dote è stata mitizzata e mistificata. Non è vero, sostiene, che esista una capacità di emergere sopra gli altri. Ogni abilità, persino, può diventare un talento. Anche la capacità più complessa, infatti, può venire sviluppata e portata ad essere espressa nel modo migliore possibile. Come? Con l’allenamento.
Sono proprio i campioni che sanno sintetizzare talento e sport a dimostrare con la propria storia questo aspetto. Lo sintetizzava, ad esempio, Pietro Mennea, che amava dire: “per arrivare al traguardo della gara c’è impegno e coerenza”. Il concetto è semplice quanto fondamentale. La dote naturale, da sola, significa molto poco, se non nulla. Il talento – nel senso più pieno del termine – esiste quando è composto anche da altri termini. Allenamento, dedizione, determinazione, passione, sacrificio….insomma, avete capito. Se vi vengono in mente altre parole chiavi, aggiungetele pure. Il talento, questo è ciò che conta, soprattutto quando si parla di talento e sport, richiede una grande quantità di fattori. Un talento messo a frutto non è un punto di partenza, ma un obiettivo. Chi può raggiungerlo, quindi, risponde a un dato identikit: ha cioè, delle caratteristiche essenziali da sviluppare. Quali sono?
Talento e sport richiedono forza anche solo per cominciare
Sono proprio le realtà che si occupano di talento e sport ad avere identificato, nel tempo, di cosa è composto un talento in potenza perchè si sviluppi, anzichè restare una buona promessa mancata. Correre.it, ad esempio ha proposto una lista interessante di parole chiavi, che hanno in comune una premessa: conoscere bene se stessi. Interrogarsi e chiedersi cosa davvero si vuol fare di quello che qualcuno (o noi stessi) riconosciamo come un talento agli albori, e perchè. Il primo aspetto da indagare è dunque la motivazione. Si tratta di una leva fondamentale, che si può declinare in tanti modi, diversi per ciascuno. La pura ambizione personale, la passione e il piacere autentico che si prova dando forma al proprio talento, o ancora il desiderio di corrispondere a un’aspettativa, propria o altrui. Non è questa la sede per valutare eticamente la natura della motivazione di ognuno. Ciò che conta è che esista, e sia forte abbastanza da spingerci verso i nostri obiettivi. La metafora più efficace è proprio quella della corsa: la motivazione è la forza nei muscoli che permette all’atleta di staccare dai blocchi di partenza più forte degli altri e con una frazione di secondo di anticipo.
Talento e sport: una volta partiti bisogna continuare
Cominciare, però, non è sufficiente. Esistono atleti capaci di uno sprint straordinario, così come talenti mossi da una spinta ineguagliabile capaci di proiettarsi immediatamente verso lo sviluppo pieno di ogni talento. Ma non è mai così semplice. Nessuna gara, neanche la più corta, si può basare solo sulla spinta iniziale. Ogni corsa ha bisogno di perseveranza. Del desiderio e della forza – mentale o fisica – per continuare a compiere quello sforzo. Uno sforzo che è fatto di mentalità, e più spesso di disciplina e sacrificio. Ogni talento si affina con l’allenamento, e anche se si è sinceramente appassionati di ciò per cui si è certi di avere un talento, ci sarà sempre un momento di fatica. Ogni allenamento stanca e prosciuga energie, anche solo fisiche. Un programma di allenamento e di sviluppo del talento, soprattutto se sportivo, in particolare quando tende a trasformare i giovanissimi in professionisti comporta delle rinunce, di relazioni, di affetti, di libertà. Qualche volta è inevitabile non avere voglia. Ma talento e sport – se sono un obiettivo, naturalmente, il discorso non vale se si parla di dinamiche ludiche o di socialità – richiedono continuità e impegno.
Cos’hanno in comune talento e sport? Bisogna saper cadere
C’è poi una terza fondamentale caratteristica, direttamente connessa con quelle su cui ci siamo soffermati sopra. Abbiamo detto che per sviluppare un talento occorre faticare, che correndo – anche solo i cento metri – esiste un momento in cui bisogna impegnarsi a continuare? Bene, esiste anche un momento, anche nella distanza più breve, in cui ci servirà di perdere l’equilibrio. Esistono – naturalmente – corse e percorsi verso il nostro talento che non vanno come ci aspetteremmo. Sviluppare un talento nello sport e non solo ha quindi bisogno anche di resistenza. Di capacità di reggere agli urti, allo stress, alla frustrazione, all’impressione che niente sia come vorremmo che fosse. Anche in questo talento e sport si somigliano e sono una buona metafora l’uno dell’altro. Il confronto, anche impietoso, con l’altro e con noi stessi può essere impietoso, abbastanza spesso capita di mettere in dubbio tutto. Talento e sport insegnano che una abilità che ogni abilità o presunta tale passa attraverso questo tipo di difficoltà. Se non la si accantona, ma al contrario si usano queste esperienze per correggere il tiro e migliorarsi, quel che emergerà da questo passaggio sarà un talento più puro, consapevole. Un talento maturo e pronto a mostrarsi al mondo al meglio delle sue possibilità.
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